LE SCHEGGE DI ROBERTA Ventinove schegge di coscienza mettono l’apostrofo su di un’inquietudine che non lascia respiro, che attanaglia l’esistenza in una morsa feroce, si squarciano le emozioni, si lacera la carne. La violenza prende il sopravvento ma questa tela resiste, martoriata, dilaniata, si richiude nei suoi stessi tagli, diventa bastione e filo spinato di sé stessa, per sé stessa. Solo lei conosce la sua verità, il conto aperto col passato non sembra dar tregua, il pagamento del fio pare interminabile, il suo saldo troppo lontano, l’esplosione troppo vicina, in un susseguirsi irrefrenabile di angosce, incubi, sensi di colpa forse senza senso. L’odio è il carburante, l’ira la scialuppa di salvataggio, il carattere temprato il mezzo, cicatrici e solitudine il risultato. La tela resiste, ma non esiste, lo sforzo immane per non distruggere e distruggersi inibisce e soffoca la creazione, creazione per cui è venuta al mondo, questa mancanza la spinge lentamente verso il baratro, verso l’incubo della normalità, del suo non-essere, dell’essere comune. Tela trafitta da ventinove schegge di coscienza, di peccati, un bastione impenetrabile eretto in anni di follia, una nuova presenza irrompe velocissima, lo schianto sparge la vita. L’ ormai rigida tela accoglie misteriosamente quest’anima tagliente, questo scalpello capace di plasmare l’impalpabile, di una purezza che non riesce a comprendere. Le barricate svaniscono naturalmente, in silenzio; la tela si lascia attraversare, per la prima volta si permette di sanguinare, si lascia comprendere, si confessa, da un nome ad ogni scheggia, riconosce il passato, lo distingue dal presente e lentamente incomincia a guardarsi: non è più nera, è del colore della vita creativa, il nero è alle spalle. La sfida del fidarsi, fino ad allora ritenuta impossibile, cede il passo ad una serenità crescente e ad un abbandono dolce, ciò che precludeva strade d’amore ed emozioni agognate nel più intimo io svanisce come nebbia allo scaldarsi della mattinata, quella voce contorta e tetra che reclamava gli infiniti debiti del passato ora incita, sostiene, urla di gioia per il riscatto di questa tela, altrimenti destinata all’implosione e all’omicidio.
LE SCHEGGE DI ROBERTA
RispondiEliminaVentinove schegge di coscienza mettono l’apostrofo su di un’inquietudine che non lascia respiro, che attanaglia l’esistenza in una morsa feroce, si squarciano le emozioni, si lacera la carne. La violenza prende il sopravvento ma questa tela resiste, martoriata, dilaniata, si richiude nei suoi stessi tagli, diventa bastione e filo spinato di sé stessa, per sé stessa. Solo lei conosce la sua verità, il conto aperto col passato non sembra dar tregua, il pagamento del fio pare interminabile, il suo saldo troppo lontano, l’esplosione troppo vicina, in un susseguirsi irrefrenabile di angosce, incubi, sensi di colpa forse senza senso.
L’odio è il carburante, l’ira la scialuppa di salvataggio, il carattere temprato il mezzo, cicatrici e solitudine il risultato. La tela resiste, ma non esiste, lo sforzo immane per non distruggere e distruggersi inibisce e soffoca la creazione, creazione per cui è venuta al mondo, questa mancanza la spinge lentamente verso il baratro, verso l’incubo della normalità, del suo non-essere, dell’essere comune.
Tela trafitta da ventinove schegge di coscienza, di peccati, un bastione impenetrabile eretto in anni di follia, una nuova presenza irrompe velocissima, lo schianto sparge la vita. L’ ormai rigida tela accoglie misteriosamente quest’anima tagliente, questo scalpello capace di plasmare l’impalpabile, di una purezza che non riesce a comprendere. Le barricate svaniscono naturalmente, in silenzio; la tela si lascia attraversare, per la prima volta si permette di sanguinare, si lascia comprendere, si confessa, da un nome ad ogni scheggia, riconosce il passato, lo distingue dal presente e lentamente incomincia a guardarsi: non è più nera, è del colore della vita creativa, il nero è alle spalle. La sfida del fidarsi, fino ad allora ritenuta impossibile, cede il passo ad una serenità crescente e ad un abbandono dolce, ciò che precludeva strade d’amore ed emozioni agognate nel più intimo io svanisce come nebbia allo scaldarsi della mattinata, quella voce contorta e tetra che reclamava gli infiniti debiti del passato ora incita, sostiene, urla di gioia per il riscatto di questa tela, altrimenti destinata all’implosione e all’omicidio.
70 x 70
RispondiEliminaOlio e pietra di Lavagna su tela.
600 E